Opporsi alle Forze di Supporto Rapido (RSF) non significa schierarsi con lo Stato. Una voce libertaria dal Sudan

Pubblichiamo una seconda traduzione dal primo numero datato gennaio-febbraio 2025 del giornale Espoir/Al Amal edito congiuntamente dal Raggruppamento degli Anarchici Sudanesi, la CNT-AIT France e i loro amici. Questo articolo pone in evidenza la chiara posizione degli anarchici sudanesi nella guerra civile in corso opponendosi sia allo Stato sia alle milizie RSF, gli ex Janjaweed, che nel 2023 sono stati addestrati da istruttori militari italiani e con cui l’Italia, insieme all’Unione Europea, ha continuato a intrattenere rapporti nel corso della guerra civile.

In una nota del 2021 il Raggruppamento degli Anarchici Sudanesi si presentava in questo modo “Il gruppo è stato creato a Khartoum alla fine del 2020 dopo che abbiamo riunito tutti gli anarchici di Khartoum. Siamo insieme dalla rivoluzione del dicembre 2018 e alcuni di noi si conoscono dai tempi del liceo e dell’università. Noi, anarchici di Khartoum, siamo membri dei “comitati di resistenza” e alziamo le nostre bandiere durante le marce con il resto dei rivoluzionari, e promuoviamo l’anarchia scrivendo graffiti sui muri. Ci opponiamo a tutti i tipi di autoritarismo. Siamo per la libertà di espressione e l’autonomia individuale

 

Opporsi alle Forze di Supporto Rapido (RSF) non significa schierarsi con lo Stato, in particolare per quelle forze che hanno previsto la traiettoria di questa guerra fin dall’inizio. Tuttavia, oggi la propaganda diretta contro le forze rivoluzionarie cerca di distorcere e annacquare la loro opposizione di lunga data contro l’esistenza di questa mafia fin dal suo inizio. Le politiche di divisione del Sudan, che le RSF hanno accelerato in modo più aggressivo dello Stato stesso, rivelano le reali intenzioni che l’istituzione statale ha cercato di imporre con la forza e i colpi di Stato.

Voglio sottolineare la natura del discorso dei vertici delle forze armate, evidenziando la retorica di cui siamo stati testimoni a proposito delle milizie appena formate con il pretesto di combattere le RSF. Queste storie hanno aperto la strada all’affermazione di una particolare convinzione sulla debolezza militare delle forze armate dello Stato. Questo a sua volta apre la porta alla nascita di nuovi eserciti e nuovi gruppi armati. Questa è la politica mafiosa dello Stato, caratterizzata da discorsi disgustosamente sentimentali che non riflettono in alcun modo i sacrifici del popolo sudanese.

La riconciliazione con coloro che hanno ucciso le persone e il rendere loro omaggio – che offre loro una tribuna, una legittimità – non può ridurre l’importanza dei crimini che hanno commesso. Al contrario, rafforzano questi crimini e motivano nuovi genocidi. Le forze popolari devono iniziare a costruire una contro-forza per combattere la propaganda della mafia RSF e della mafia islamista, affrontando direttamente le menzogne che accumulano ed esasperano le crisi, le cui conseguenze ricadono esclusivamente sul popolo.

La lotta in Sudan trascende le forme tradizionali di resistenza storiche, come la lotta armata (tramite gruppi politici militarizzati) o la lotta civile (attraverso la creazione di sindacati, proteste e dimostrazioni, la difesa politica). Il contesto unico del Sudan ha dato origine a varie forme di lotta, modellate dalla natura multiforme dell’oppressione [in particolare attraverso i Comitati Rivoluzionari, che si fanno carico di molti servizi pubblici e strutturano la società civile].

La diversità riflette la complessità del Paese, anche nelle sue ingiustizie. Tuttavia, gli anarchici si distinguono per il loro esame approfondito di un problema cruciale radicato nella struttura della società sudanese: il tribalismo, una forza più regressiva ed estrema dello stesso nazionalismo.12

Da decenni gli anarchici sudanesi analizzano criticamente il ruolo del tribalismo e del suo dominio, ripercorrendo il suo impatto dagli albori dei piccoli Stati tribali in guerra, attraverso la dipendenza dell’epoca coloniale e le alleanze tribali, fino al suo attuale status di forza trainante dei continui conflitti in Sudan. Mentre il tribalismo rimane al centro della guerra in corso e della sua prosecuzione, le forze politiche sudanesi approcciano spesso la questione con esitazione, vincolate o da legami politici con le tribù o dal timore di confrontarsi con l’autorità tribale.

Espoir

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